IL DELITTO DI VIA DELL’ORSINA

Ggiunto anche a Roma, al celebre teatro Ambra Jovinelli, l’atto unico Il Delitto di Via dell’Orsina, opera del prolifico drammaturgo francese Eugene Labiche, celebre maestro del vaudeville e della pochade della Parigi ottocentesca, ma che, riadattato per un pubblico italiano (Via dell’Orsina invece di Rue de Lourcine, le lire invece dei franchi, ecc.), regge ancora oggi splendidamente la scena. La trama è una tipica commedia degli equivoci di cui i francesi erano gli indiscussi maestri: due vecchi amici, recentemente ritrovatisi, dopo una notte di baldoria, di cui non si ricordano niente, si risvegliano nel letto del più benestante dei due, e dalla lettura di un giornale vengono a sapere che possono essere stati gli assassini di una donna. Da qui una serie di complicazioni ed equivoci provocati dal disperato tentativo dei due di coprire le loro eventuali tracce, giungendo fino al punto di tentare di eliminare coloro che pensano possano essere pericolosi testimoni. Tutto si concluderà ovviamente al meglio con grande soddisfazione di ognuno. I due amici sono interpretati impeccabilmente da Massimo Dapporto e Antonello Fassari, che recitano due caratteri diversissimi, accomunati involontariamente da una terribile paura, mentre attorno a loro entrano ed escono di scena servitori e parenti, tutti inconsapevoli del dramma che i due stanno vivendo, e da questo contrasto, ben evidente al pubblico, nasce il divertimento della piece, rafforzato dai sapienti siparietti che i protagonisti creano rivolgendosi complicemente allo spettatore, e lasciandosi spesso andare a sorprendenti duetti canori che ravvivano l’azione. L’affiatamento dei due protagonisti, che non sbagliano una battuta, è tale che lo spettatore mantiene un sorriso di soddisfazione per tutti i 90 minuti dell’opera, spingendolo spesso a sinceri applausi fino all’apoteosi finale, ben sopportati da un cast perfetto di comprimari. Al termine dell’opera lo spettatore uscirà soddisfatto e ancora sorridente dal teatro. Merito del successo artistico dell’opera è però soprattutto della sua regista, Andrée Ruth Shammah, che l’ha scelta, tradotta, riadattata per un pubblico italiano e amorevolmente ed espertamente diretta. La regista, milanese, ha una lunghissima esperienza teatrale, allieva di Franco Parenti e direttrice del celebre teatro che adesso porta il suo nome, allestendo spettacoli come questo che vengono portati con successo in tournee in tutta Italia. Attivissima, combattentissima, ancora entusiasta del suo mestier, la sua presenza scenica è sempre la benvenuta, e questa opera così apparentemente leggera ma in realtà complessa, mette in luce tutte le sue doti, affinate e portate a perfezione da decenni di indefesso lavoro. Dal 6 al 17 dicembre al Teatro Ambra Jovinelli di IL DELITTO DI VIA DELL’ORSINA di Eugène-Marin Labiche.  In scena oltre a  Dapporto e Fassari: Susanna Marcomeni e con Marco Balbi, Andrea Soffiantini, Christian Pradella. . Andrée Ruth Shammah  firma la regia e, assieme a Giorgio Melazzi, l’adattamento, mantiene intatta la struttura della pochade e del gioco indiavolato degli equivoci, ma vira al noir seminando inquietudini all’ombra di qualcosa che incombe. La Francia perbenista e ottocentesca di Labiche diventa l’Italia del primo dopoguerra, prefascista e conformista. Alcune battute e personaggi sono “rubati” da altri lavori del drammaturgo francese per dare più spessore alle sottotrame e rendere più stratificata la vita che c’è dentro. Un sottile turbamento, fatto di piccole sospensioni, guida gli attori. Clownerie e astrazione beckettiana, il ritmo del vaudeville e la tradizione del teatro brillante italiano si incontrano in un vaudeville noir che fa ridere e pensare e che con i suoi vorticosi intrecci riesce a raccontarci, in modo non scontato, il disorientamento che stiamo attraversando. Una vicenda fatta di tensioni che gioca con i tanti tic di oggi e mette in scena il contrasto tra come vogliamo apparire e come siamo davvero dentro la solitudine che ci attanaglia. Eugène Labiche (Parigi 1815-1888) ha firmato in quarant’anni ben 174 copioni fra commedie e atti unici, scritti da solo o in collaborazione con altri autori. Una frenetica attività drammaturgica che ha prodotto alcuni capolavori come Il cappello di paglia di Firenze, ed è culminata con due messinscene alla Comédie Française e la chiamata all’Académie Française. Fu consacrato anche come il “re del teatro da boulevard”, genere di teatro leggero e comico allestito in teatri parigini a gestione privata, come il Palais-Royal, dove il drammaturgo mise in scena anche L’Affaire de la rue de Lourcine nel 1857, e 29 degrés à l’ombre nel 1873. Nelle due pièce, pubblicate da Liberilibri nella collana «il Circo» del 2014, Labiche sbeffeggia la sua classe sociale, la borghesia, cogliendone la profonda contraddizione tra l’essere e l’apparire.

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