LADY COBRA UNA KILLER IN BLUES

La chiamano Lady Cobra, il suo vero nome non è importante, perché viaggia a bordo di una obsoleta Shelby Cobra, dove riceve a volte i suoi clienti. E i suoi clienti sono persone che la pagano perché uccida qualcuno; l’anonima signora, difatti, è una killer a pagamento, che nella sua vita normale fa la fioraia nel grande cimitero monumentale di Staglieno, il luogo ideale per una donna come lei, veterana di guerra e traumatizzata da quella esperienza, che le ha lasciato un desiderio di morte, ma anche un forte sentimento di giustizia, e che compie il suo secondo lavoro usando una potente rivoltella Smith &Wesson. Ma Lady Cobra (Una Killer in Blues), oltre alle sue due vite professionali, quella vera di assassina e quella di copertura di fioraia, lavori che mettono in risalto la sua sdoppiata, quasi schizofrenica personalità, ha anche una dolorosa e intima vita sentimentale. Nonostante le sue disperate telefonate all’amato non sembra che la sua relazione possa continuare felicemente, e questo la deprime sempre più, limitandola ad ascoltare i lunghi monologhi dei suoi committenti, desiderosi di convincerla ad accettare nuovi incarichi di morte, come quello di un politico che cinicamente le spiega la necessità dell’omicidio che deve compiere. Ma Lady Cobra ha anche una coscienza ed è disposta ad uccidere anche senza essere pagata, come fa con un prete pedofilo che invano prova a spiegarle il suo punto di vista. Porterà a termine i compiti che le sono stati assegnati nonostante la sua riluttanza ad uccidere? E riuscirà la tormentata donna a riallacciare la relazione con il suo fidanzato e a trovare finalmente un equilibrio nella sua vita tormentata? I film si dividono in due grandi categorie: quelli che si basano sulla trama, e quelli basati sul personaggio; Lady Cobra appartiene a quest’ultima categoria, perché più interessata alla vita interiore del personaggio che alla rappresentazione delle sue azioni. Il lungometraggio è stato scritto dalla protagonista, Nicoletta Tanghéri, anche produttrice. Se il risultato è così soddisfacente, è perché il prodotto è il risultato finale di una lunga collaborazione con il regista, con cui è legata anche sentimentalmente, incominciato con il documentario Il Ponte della Vergogna e proseguita con il mediometraggio horror Veleno Biondo. Fabio Giovinazzo, difatti, è un artista a tutto tondo, non solo regista e documentarista, ma anche direttore della fotografia, sceneggiatore e produttore, che con quest’ultima opera raggiunge l’apice della sua carriera, che sarà senza dubbio ancora lunga. Lady Cobra ha volutamente un impianto teatrale, nonostante l’ariosità di certe sequenze, che cinematografico, basandosi soprattutto su impegnativi monologhi portati avanti da un cast all’altezza della situazione. Con la partecipazione di Adriano Aprà, celebre critico, ma anche attore di lunga esperienza, su voci fuoricampo, ma anche su lunghi significativi silenzi. Giovinazzo usa il cinema in maniera personalissima, quasi come cura terapeutica per i suoi demoni interiori, che non gli impedisce di raggiungere i fini che si è prefissato. Autore da tenere sotto controllo, che con questo piccolo, ma interessante, stimolante e temerario film, troverà sicuramente finanziamenti più corposi per produrre opere ancora più impegnative e significative. A Giugno nelle sale.

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https://www.youtube.com/watch?v=sqafKjVsuRs

Pubblicato da redazione