AMLETO E’ MIO FRATELLO

Carlo, Andrea, Paolone e Paolo, diversamente abili, ognuno con una sua particolarità, hanno nella recitazione la loro ragione di vita, e un giorno decidono di scappare dal centro terapeutico in cui vivono, per recarsi a Napoli dove vengono fatti, in un teatro, dei provini per una dramma di Shakespeare, di cui loro sono appassionati. Non abituati ad affrontare da soli il mondo esterno, affrontano coraggiosamente il viaggio, sentendosi finalmente liberi, non rendendosi conto dei pericoli e delle difficoltà che dovranno affrontare. Durante il loro viaggio di scoperta, portandosi dietro un teschio di plastica che rappresenta il loro amato “Amleto”, di cui conoscono a memoria i monologhi, si imbattono in vari stravaganti individui, come un ex attore ora dimenticato (Nino Frassica), che vive da solo in un circo in mezzo al nulla, una bella ragazza norvegese che li accompagna per un tratto e con la quale subito simpatizzano, una suora cieca (Margherita Buy), una tossicodipendente che pur volendoli sfruttare alla fine li porterà a destinazione al teatro gestito da Vincenzo Salemme in persona, sempre tallonati dalla poliziotta Claudia (Claudia Gerini), preoccupata per il loro benessere. Il regista Francesco Giuffrè, anche, musicista e sceneggiatore, qui al suo esordio cinematografico, è molto bravo, avendo lui stesso lavorato con disabili, usando la recitazione come terapia, e questo film non è altro che un omaggio al suo lavoro e al suo amore per il teatro. I quattro protagonisti, difatti, sono in realtà veri disabili, diretti con mano ferma ma amichevole, che interpretano loro stessi, e con i quali il regista ha lavorato già in precedenza, usando il teatro come mezzo d’espressione e di riscatto. Saggiamente il regista ha costellato il cammino dei quattro protagonisti, esordienti e necessariamente sconosciuti al pubblico, con volti noti e amati come la Buy, Frassica, la Gerini e Vincenzo Salemme. Volendo affrontare un problema serio con lo stile della commedia, così congeniale al nostro carattere nazionale, anche il “lieto fine” non stona ed è anzi necessario alla godibilità di un film, semplice e pulito, che si lascia vedere con piacere, pur affrontando una tematica non certo consolatoria, rifiutandosi di ridere della goffaggine dei protagonisti, ma portando a comprenderli appieno e a solidarizzare con il loro coraggio.

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https://www.youtube.com/watch?v=1NLJDBzxFRM

Pubblicato da redazione