Paleocrio

L’opera di Paleocrio è il frutto di una complessa sintesi tra simbolismo, materia viva e tradizione, da intendersi nel più esoterico ed intimo dei modi possibili. L’evento-mostra presentato da 28 Piazza di Pietra fine Art Gallery, curato da Francesca Anfosso e organizzato da ComediArting, espone opere pittoriche in gran parte inedite, che approfondiscono il tema dell’inconscio collettivo con particolare sensibilità rivolta ai disturbi del comportamento alimentare (DCA). Il perché di questo legame è dato dal forte simbolismo che caratterizza l’opera di Paleocrio oltre che dalla pluriennale ricerca condotta negli anni su argomenti psicanalitici con volontà, anche catartica e terapeutica. Quando parliamo di un simbolo impattiamo contro uno scoglio di contraddizioni e di paradossi, che sono poi, quando non compresi, trappole escatologiche organizzate dall’inconscio. Non possedendo strumenti alternativi, l’arte, nella sua limitata spinta all’utilitarismo rende afferrabile l’enigma dei simboli attraverso la percezione sensoriale, che non è ne sarà mai confinata al semplice guardare. Essendo tangibile, proprio come un trauma esterno, l’arte catalizza il dolore, ne mostra il senso e ne rende utile il travaglio. Il trauma occulto, però, compare nei simboli – vettore supremo – capaci di svelare la radice arcana e sicuramente collettiva della più profonda sofferenza umana. L’Arte, dunque, ci raggiunge in “estensione” conducendoci al piacere. Il Simbolismo in Essa celato raccoglie con lucidità ogni dolore perché possa essere visto, compreso e reso, forse, vano. Questo legame tra arte, dolore e speranza di superamento, sintetizzato nel simbolo, trova espressione anche nelle parole del testo in catalogo, che il professore Leonardo Mendolicchio, Psichiatra esperto di DCA, dedica all’artista: «L’arte non è tale se non provoca il tempo che rappresenta, l’arte deve necessariamente essere lo strumento per osservare il mondo in cui viviamo da una “prospettiva” inedita. Nel pieno di Paleocrio, infatti c’è una differenza rispetto al “troppo” della società dei consumi, mentre la prima dispensa “oggetti” di consumo, il nostro artista invece, ci regala simboli puri. Qual è il potere del “simbolo” che trova nell’arte il più sublime dei veicoli? La capacità di donare significati senza mai saziare le persone. Il simbolo nutre senza soffocare, senza rimpinzare, senza saturare. Il simbolo nell’arte tutt’al più rilancia ad un “altrove” che tiene l’individuo sospeso in un interrogativo che vivifica anziché obnubilare come farebbe l’oggetto di consumo.» Le opere in mostra, sono dunque sia strumenti creativi per interpretare e comprendere il senso del dolore, anche di una persona affetta da DCA, ma non solo, sono parte realmente viva dell’esperimento, poiché tutte le opere presenti sia nella mostra che nel catalogo pubblicato per l’occasione (Pandion ed.), sono state realizzate utilizzando tecniche antiche, in prevalenza legate al rinascimento italiano, con il desiderio di recuperare e la capacità di far rinascere, attraverso una ricerca interiore fatta di immagini creative, il senso sacro della bellezza. Leonardo Caprio in arte Paleocrio vive e lavora a Roma.

Pubblicato da redazione