L’ULTIMA LUNA DI SETTEMBRE

Quando l’anziano padre si ammala gravemente, Tulgaa, che da anni vive in città, torna al villaggio natale sulle remote colline della Mongolia per assisterlo. Il destino farà però il suo corso e poco dopo l’anziano verrà a mancare. Tulgaa decide di restare a vivere nella iurta del padre per portare a termine il raccolto che l’uomo aveva promesso di completare prima dell’ultima Luna piena di settembre. Mentre lavora nei campi, Tulgaa incontra un bambino di dieci anni, Tuntuulei, che vive da solo con i nonni mentre la madre lavora in città. Tra i due nasce un rapporto inizialmente di sfida, che andrà via via ad allentarsi per far spazio a un legame di stima e condivisione. Negli incantevoli e sconfinati paesaggi di una terra ricca di tradizioni, Tulgaa prenderà il giovane Tuntuulei sotto la propria ala, scoprendo di essere in grado di dare al bambino tutto l’amore paterno che a lui non era mai stato dato. Ma l’ultima Luna piena di settembre sta per arrivare, e a Tulgaa restano pochi giorni da passare insieme a Tuntuulei prima di fare ritorno in città.  La visione di questo film, nello spettatore italiano non può che ricordare il neo-realismo e senza dubbio il regista ha avuto in mente Ladri Di Biciclette, ma vi sono anche vaghi echi de Il Cavaliere della Valle Solitaria (senza la violenza), e il rapporto di amicizia tra un adulto e un adolescente è uno dei plot classici della cinematografia. Qui l’archetipo sottostante è quello dell’Angelo, ma senza il tradizionale finale consolatorio. Un film dolce-amaro, fatto di pochi dialoghi e lunghi silenzi, immerso in una natura immutabile, in steppe infinite popolate da branchi di cavalli e greggi di pecore, che sembra essere stato felicemente dimenticato dalla modernità e che presente situazioni, ambienti e paesaggi che non potranno che incuriosire e affascinare lo spettatore occidentale. La cinematografia mongola è quasi sconosciuta in Europa, ma il regista Amarsaikhan Baljinnyam, è il più celebre e il migliore del suo Paese. Un film senza il frenetico stile e montaggio occidentale, ma pieno di pathos e sentimenti, descritto con un linguaggio – da noi ormai dimenticato – spoglio, essenziale, del tutto personale: una boccata d’aria fresca per lo spettatore occidentale. L’attore protagonista del film è lo stesso regista che ha scritto il ruolo su sé stesso, quella di un uomo alienato e spaesato, dai sentimenti repressi che finalmente riesce ad aprirsi al prossimo. Anche il giovanissimo attore, che interpreta il suo nuovo amico, riesce a dare una convincente interpretazione, passando dall’arroganza all’ammirazione, e ad una sorta di amore figliare, per il suo nuovo amico, destinato però ad una inevitabile partenza. Dal 21 Settembre nelle sale distribuito da Officine Ubu.

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https://www.youtube.com/watch?v=khOiSmt2p_o

Pubblicato da redazione